La delibera adottata dalla Commissione di vigilanza Rai mi ha colpita non solo in qualità di diretta interessata all'eventuale sospensione di Annozero nel mese precedente le elezioni, ma anche in qualità di radicale. Mi sono trovata nel programma fermato contro la sua volontà e nel comprendere (o nel tentativo di farlo) le motivazioni radicali che hanno spinto Beltrandi a presentare quel regolamento.
Sono arrivata a questa conclusione.
La
motivazione di Beltrandi è chiaramente giusta e dovrebbe far riflettere tutti: il problema dell'informazione è fondamentale per una democrazia, e a tutti i rappresentanti politici dovrebbe essere garantito uno spazio equo in nome del pluralismo.
Sarà snaturata la licenza di arbitrio assoluto di cui i conduttori hanno goduto sino ad oggi.
Beltrandi ha ragione: i conduttori degli spazi di approfondimento politico non possono invitare chi quando e come vogliono i rappresentanti dei diversi partiti, ma dovrebbero conformarsi a delle regole, vista la loro responsabilità (tutti consci del fatto che l'80% degli italiani si informano attraverso la tv).
A questo punto bisogna chiedersi quale possa essere la soluzione. Eliminare quei programmi nel periodo sensibile pre-elettorale potrebbe esserlo?
Io non credo. Anzi, ritengo che nel mese precedente alle elezioni importanti non si possa sospendere il servizio pubblico dell'informazione televisiva, quello delle inchieste giornalistiche, quello che mette gli interlocutori politici di fronte a problemi e fatti reali del nostro paese.
Un esempio radicale, giusto per inquadrare la situazione: come fare per parlare dell'indecente condono compiuto dalla Lega Nord sui manifesti abusivi, ad oggi
denunciato soltanto dal segretario di Radicali Italiani Mario Staderini?
Lo strumento che propone Beltrandi sono le asettiche tribune politiche, come tutto, soprattutto in questi casi, gestite dai partiti. Non starò a dire, come ha fatto Battista sul Corriere, che tanto non le guarderà nessuno, che allontaneranno i cittadini dall'informazione a causa della poca appetibilità delle stesse (anche se questo è un problema), e che significheranno un costo di milioni di euro in termini di mancati ascolti.
Quello che intendo è che a una degenerazione partitocratica (l'occupazione dei partiti dell'informazione, soprattutto in Rai) si risponde con un'ulteriore risposta da parte dei partiti, che vogliono non solo regolamentare, ma addirittura interrompere una trasmissione (perché non si può chiedere a un conduttore con il suo programma, con la sua linea editoriale, di snaturare tutto il suo lavoro e di mettersi a fare un passaparola fra partiti).
Quindi, il paradosso è che proprio chi si batte contro la partitocrazia sia costretto a utilizzare uno strumento partitocratico (la Commissione di Vigilanza Rai, organo composto dai rappresentanti di partito - parlamentari - e che dovrebbe controllare la Rai, cioè l'azienda gestita dai partiti) per garantire un'informazione libera dai partiti.
Un groviglio paradossale, non trovate?