2 settembre 2016

Il coraggio di Sara

E' passato esattamente un anno da quando, tornata dall'Iran, decisi di pubblicare un post che raccontasse le molestie subite in quel paese. Per quel post, forse lo ricorderete, dovetti subire una seconda valanga di molestie, questa volta virtuali, nella democraticissima Italia.

Ma ricevetti anche tantissimi messaggi di donne, che dopo aver letto quel post, sentivano il bisogno di mostrarmi le loro ferite aperte, di condividere con me le violenze di cui erano state vittima.

E a un anno di distanza, ho ricevuto una seconda email da una ragazza, che mi aveva raccontato di quelle esperienze terribili, che leggendole mi avevano fatto venire le lacrime agli occhi. All'epoca non si sentiva pronta per rendere pubblica la sua sofferenza. Oggi, invece, sì. La chiamerò Sara. Sara è coraggiosissima, e sa quanto sia prezioso, per chi subisce violenze, sapere che non si è sole, che ci sono altre donne che possono capirti, aiutarti. La lettera di Sara è per loro, e per tutti quelli che non sanno quanto talvolta possa essere difficile essere donna. In Iran, ma anche in Italia.

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Cara Giulia,

ho letto con molto interesse il post che hai recentemente pubblicato sul tuo blog in cui racconti in modo molto avvincente e dettagliato il tuo viaggio in Iran. Ti scrivo questa e-mail di getto e a cuore aperto, perdona in anticipo se le emozioni che proverò a trasmetterti sfoceranno in parole “brusche” o se reputerai ciò che ti racconto inopportuno e fuori luogo, ma leggere quello che hai scritto mi ha smosso qualcosa dal profondo, qualcosa che sento di voler condividere anche con te, perché donna e perché da me stimata.

La prima volta è successo alla fermata di Corso Calatafimi a Palermo, attendevo l’autobus che mi avrebbe portato a scuola e davanti a me una macchina procedeva a rilento. Da quella macchina un uomo piuttosto anziano mi fissava e notavo che con movimenti regolari toccava quello che, in base alle pochissime informazioni che possedevo, doveva essere il pene maschile. Quell’uomo si è ripresentato alla stessa ora per diverse mattine, finché un ragazzo gridandogli contro l’ha fatto andare via. Lì ho capito che quello che avevo visto durante tutte quelle mattine era “brutto”. Stesso percorso, stavolta inverso, autobus che da scuola mi portava a casa una volta terminata la mia faticosissima giornata di scuola e con il desiderio di un piatto di pasta e tenerumi fumante ad attendermi a casa. Ormai ero quasi abituata a sentire un corpo estraneo ed eretto gentilmente “appoggiato” sul sedere da chi, dentro l’autobus, approfittava della confusione dei corpi ammassati per un momento di piacere. Ma quel giorno è successo qualcosa di più, decine di persone in piedi in un afosa mattina e l’uomo accanto a me (di cui ricorderò per sempre e in modo perfetto la fisionomia) che guardando fisso il vuoto ha deciso di tirare fuori il pene dai pantaloni e masturbarsi. Ero confusa, non capivo e mi dicevo “Se tutti vedono e nessuno dice niente, non sarà poi così strano”. Nessuno ha detto nulla, ho aspettato che arrivassimo alla mia fermata, sono scesa e ho mangiato il mio piatto di pasta e tenerumi fumante, piena di vergogna e angoscia.

Nulla più per anni, questi ricordi sono rimasti delle immagini oniriche di una fantasia da bambina, da dimenticare una volta entrata nella vita adulta. Ho avuto il mio primo approccio al sesso a 12 anni perché un ragazzo di 18 aveva deciso che fosse il mio momento, sono diventata una specie di schiava, mi davo sotto la minaccia che altrimenti avrebbe detto tutto a mia madre che avrebbe pensato che io fossi una puttana. In fondo la sensazione di vergogna mi ha sempre accompagnata. Mi sono liberata dalle catene, “tra dieci anni Sara sarà tutto solo un brutto ricordo, le ferite si chiuderanno e tutto sarà lontano” mi dicevo. Oggi ho 24 anni, le ferite sono aperte ma tutto sembra lontano e sono in grado di parlarne con meno vergogna e più tenerezza nei confronti di quella bambina che prendeva l’autobus. Sono diventata grande, sono partita per un'altra città, forse anche per ricominciare una nuova vita, tra storie con uomini che mi mortificavano e insultandomi mi facevano provare quel sentimento di vergogna a me tanto familiare.

Bene, per non dilungarmi da quando sono in questa nuova città (sono ormai sei anni) mi è capitato almeno una decina di volte di assistere a scene di uomini che vedendo un pezzo di carne sentono il bisogno primordiale di tirarsi fuori l’organo genitale e darsi piacere. Uomini anziani o giovani non importa, brutti ceffi o facce anonime, si toccano all'interno di quella macchina che, evidentemente, da' loro una sicurezza pari all'intimità della loro stanza da letto, all'interno dei tram. sono anche stata seguita da uno di questi uomini in macchina che mi gridava di guardarlo probabilmente per aiutare a raggiungere l'orgasmo. Tutto questo sfogo molto personale solo per dirti, mia cara Giulia, che si, queste cose accadono a Roma, Napoli, Palermo, Milano, Canicattì e Carrapipi , che tu indossi il velo, i jeans, il pigiama o la minigonna.

Ti prego di condividere con me la nausea nei confronti di tutti quegli uomini ( e sono davvero troppi) che vedono la donna come un prelibato strumento di piacere, non curandosi del groviglio di sentimenti che la compongono. Ti prego di riconoscere che ben più grave di ciò a cui assistito in un paese che non cela di certo la sua concezione della donna come inferiore rispetto all’uomo, è ciò che accade in un Paese come il nostro in cui l’ipocrisia della parità dei sessi e della sicurezza fanno da padroni. Ti prego di aiutarmi a far sapere che queste cose esistono, che io la paura di uscire da sola la sera l’ho anche qui, ti prego di fare in modo che la prossima volta che qualcuno chieda ad una ragazza “ Succede anche a Roma o a Napoli, no?" Lei risponda “si, succede!”. Facciamo qualcosa. 

Con affetto,

Sara