21 giugno 2010

Il disagio dei "compagni"

Sulla polemica dell'iscrizione dei massoni al partito ho lasciato correre.
Ma all'ennesima polemica inutile sento il bisogno di esprimermi: BASTA!
L'ultimo dibattito di profonda caratura culturale, sociale ed economica del Partito democratico riguarda l'utilizzo dell'appellativo "compagni". Alcuni giovani democratici hanno sentito l'esigenza di inviare una lettera al segretario Bersani, corredata di pubblicazione, per dire il loro fermo no:
Ti scriviamo perché vorremmo renderti cosciente del nostro disagio di fronte a parole e comportamenti che guardano in maniera ingiustificatamente romantica al passato. Vogliamo parlarti di come questo nostro disagio, di fronte a una nostalgia che acceca la nostra prospettiva del partito e del paese, si stia trasformando in delusione e di come questa delusione ci stia colpendo ai fianchi.
Il bello è che il loro disagio non è avvenuto a fronte di una disposizione statutaria del Pd, che prevede che d'ora in poi tutti gli iscritti al partito debbano chiamarsi fra di loro "compagni". Al contrario, il loro disappunto è nato dopo che Fabrizio Gifuni, attore non tesserato, li ha salutati così: "Compagne e compagni... è tanto che volevo dirlo!".
Mi sento di suggerire a questi miei probabili coetanei di sentire il disagio per ben altre questioni, sono qui a offrirgliene alcune:
  • manovra finanziaria da 25 miliardi che taglierà la spesa sociale;
  • ddl intercettazioni che potrebbe rappresentare una scure al lavoro della magistratura e all'informazione;
  • una corruzione che sta colpendo le più alte cariche del nostro governo e non solo (pure il Vaticano sembra si sia divertito) e che ci sta facendo ripiombare in una Tangentopoli 2;
  • per problemi più vicini a noi, ve la butto lì: in alcune parti d'Italia la disoccupazione giovanile raggiunge vette di quasi il 50%.
Se tutto ciò non vi basta, allora torniamo a pensare ai massoni oppure ai compagni.
Ma prima, vi prego, occupiamoci della merda che già c'abbiamo, senza tirarcene altra addosso.



7 commenti:

Anonimo ha detto...

Il fatto più preoccupante è proprio che questa "istanza" venga dai giovani del PD, cioè la classe dirigente del futuro...quale futuro ci aspetta? O un berlusconismo secolare o un leghismo nazionale. Magari però, in quei momenti, sapremo se bisogna chiamarsi compagni, colleghi o che altro.

Anonimo ha detto...

Cara Giulia,
ti scrivo da attivista di quella che qualcuno chiamerebbe "Sinistra Radicale" o "Movimento". Anche dalle parti nostre la questione identitaria è centrale e spesso il desiderio di modernità coinvolge polemiche su simboli, denominazioni ed altre amenità di questo tipo. Basta dare una letta a quanto scrive spesso Bascetta sul Manifesto. Di fondo noi tutt* abbiamo la dichiarata necessità di metterci in testa che le formule socialdemocratiche, liberaldemocratiche e social-comuniste adottate finora si stanno rilevando sempre più inefficaci. Questo passaggio è quindi una specie di guerra di successione. Esiste una lotta intestina tra quella che possiamo chiamare "Old Left", la vecchia sinistra gelosa dei suoi simboli, partitista e burocrate, e la "New Left", quella autonomista e movimentista. Possiamo scegliere se far guidare questa transizione da sterili polemiche linguistiche e di simbologia o se porci al centro il problema dell'efficacia dell'istituzione di partito nell'epoca postmoderna. Se tornassimo a Gramsci, diremmo che il partito rappresenta "la moltitudine che si fa principe", ovvero il partito è il dispositivo che mette in atto le istanze che provengono dal basso. In qualche modo potremmo dire che il partito è quello che fa trasformare in "posse" l'"esse" ed il "nosse". Tu, rimettendo al centro le questioni reali compi un primo passo (a mio modesto avviso) essenziale. La domanda che ti pongo è però un'altra. Se pensi alle istanze che provengono dalle associazioni, dai movimenti, dal popolo viola, dai centri sociali, dalle università e dai singoli cittadini, quale struttura puà garantire al partito democratico di farsi portavoce di queste istanze? In poche parole cosa serve al PD per diventare il vero partito della sinistra del XXI secolo?

F.

Giulia Innocenzi ha detto...

Serve essere il meno partito possibile. Le strutture partito sono anacronistiche e soffocano la voglia di attivarsi delle persone, che infatti cercano le associazioni e i movimenti.
Ma ci pensi che per proporti come rappresentante degli interessi dei cittadini (ad es. in Parlamento) devi per forza passare per lo scrutinio positivo dei partiti?
E' incredibile, deve prima o poi finire.

Andrea ha detto...

Hai perfettamente ragione.
Personalmente vorrei impegnarmi in politica ma non vedo nessun partito che può soddisfarmi, non tanto per ciò che propone, ma proprio per quella sovrastruttura che non permette alle persone di esprimersi al meglio.
L'unico tentativo vero fatto in questo senso è quello di Grillo e dei meet-up, anche se non so quanto potrà riuscire a diffondersi, e il vero salto di qualità lo farà quando saranno le idee a tenerlo unito e non una persona sola, per quanto popolare, come Grillo.

Anonimo ha detto...

Io non sono così contrario ai partiti. Credo, forse in modo utopistico, che la differenza la possano anzi la debbano fare le persone. Fin quando, per esempio, la questione morale verrà trattata come una questione formale o puramente giudiziaria, allora sarà inutile qualsiasi rivendicazione del primato della politica. O il politico si rende conto che il compito che è chiamato a svolgere esige una maggiore intranisgenza o altrimenti tutto sarà semplicemente il festival del compromesso, buono per i salotti della TV

Anonimo ha detto...

Dovebbero occuparsi anche di noi aquilani, della Fiat e altro

roberto gianantoni ha detto...

Secondo me uno dei problemi più gravi del paese è quello della evasione fiscale. Tutti ne parlano ma nessuno fa niente di concreto per combatterla. Ma l' opposizione non potrebbe presentare una proposta di legge che modifichi il codice penale per il reato di cui sopra aumentando le pene (vedi USA) e, se prove inconfutabili processo per direttissima galera immediata.
Per me l'evasione, dopo l' omicidio premeditato, è il più grave reato che si possa commettere sia dal punto di vista economico sia da quello morale. Chi evade in pratica "ruba" soldi non allo stato ma a tutti i cittadini che pagano regolarmente. L'evasione in Italia è stimata in 200 miliardi di euro all'anno. Ma pensate quante cose si potrebbero fare con questi soldi !!! Aumentare le pensioni da schifo , i salari gli investimenti per le pmi con conseguente diminuzione della disoccupazione e tante altre cose. Chi evade non ha il diritto di essere chiamato cittadino italiano.
Invece che fa il governo ? riduce le pensioni per i disabili, crea piu disoccupazione, blocca stipendi della p.a., toglie risorse all istruzione alla ricerca insomma un po a tutti.
Penso che una buona legge sull'evasione ci possa risollevare molto, sono decenni che se ne parla ma nessuno ha mai fatto mai nient di concreto. Perchè ??
Mi sembra evidente che ci sono interessi dei vari governi (sia di destra che di sinistra) di appoggiare qualcuno che magari finanzia i partiti (con una buona legge diminuirebbe notevolmente anche la corruzzione e concussione) altrimenti non si spiega.
he ci vorrebbe a fare una legge del genere !!
Bah siamo in mano a gentaglia che fa gli interessi propri anzichè quelli dei cittadini onesti.
Credo ci voglia una bella rivoluzione, togliere dalle scatole, come avvenne dopo tangentopoli, i partiti che ora governano e sostituirli con forza nuove, facce nuove, idee nuove. Pochi ma buoni.
Ci sarebbero tante cosa di cui parlare ma mi fermo qui. Ribadisco comunque l'essenzialità di una legge contro l'evasione. Staremmo tutti molto meglio. Tranne gli evasori ( ma loro starebbero bene comunque perchè chi evade i soldi li ha già)..