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15 maggio 2011
L'Ultima parola di Grasso
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L'ultima parola
15 luglio 2010
Pio pio - il giornalismo che non morde

Non è quindi colpa sua se l'intervista che ha fatto a Denis Verdini, e che è pubblicata a pagina 3 del Corriere della Sera, parta così:
Vietata ogni domanda "giudiziaria", si parla solo di politica. Anche se, davvero, è inevitabile non cominciare dlala presunta P3 e affini.Conseguentemente, le domande sono del calibro:
Riconosce però che le inchieste l'hanno molto indebolita?Capito? A Denis Verdini, deputato della Repubblica e coordinatore del maggiore partito italiano, attualmente coinvolto in quella che sembra la nuova P3, non è lecito fare domande "giudiziarie". O meglio, gli si offre la terza pagina del principale quotidiano nazionale per parlare solo di "politica".
Amareggiato?
Inchieste a parte, lei non ha davvero nulla da rimproverarsi?
Ammetterà che non tutti possono essere d'accordo con questa visione.
Come finirà per lei?
Il giornalismo in Italia è proprio strano: non si capisce se è più importante il lettore o il soggetto dell'articolo.
E senza un giornalismo cane da guardia, non bisogna poi sorprendersi che uno come Verdini non si senta politicamente obbligato a dimettersi. Tanto può parlare di quello che gli pare.
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28 giugno 2010
Se non lo sa lei!

Quando emerge qualche personalità under 40 che qualcosa nel Pd prova a farla, ma soprattutto lavora per la costruzione del pD, bisogna subito etichettarlo con dei marchi sminuenti, meglio ancora se lo fanno passare un po' per sfigato.
E' quello che fa Maria Teresa Meli su Io donna di sabato scorso, nel suo pezzo "I giovani del Pd e l'arte di sparire". Il titolo è già abbastanza rivelatore di dove voglia andare a parare. Fra una stoccatina a Renzi ("chissà quanto durerà") e una alla Serracchiani ("è finita che all'ultima assemblea quasi nessuno la fotografava"), la giornalista prende quella che a parere di chi scrive è un'emerita cantonata:
Sgomitano in tanti. Alcuni, come Pippo Civati, sono stati colti con le mani nel sacco, anzi, nel computer, che si facevano votare da amici, parenti e collaboratori in un sondaggio on-line sul futuro leader del Pd. La cosa più triste è che poco dopo finiscono nel cono d'ombra e non si capacitano di come sia potuto accadere.La Meli si riferisce al famoso sondaggio on-line dell'Espresso, in cui la maggioranza dei voti totali proveniva soltanto da una manciata di Ip. La giornalista, che è una fine conoscitrice del Pd, deve aver seguito da vicino gli sviluppi della questione, e c'è da pensare, quindi, che anziché essere incappata in una svista abbia proprio peccato di malizia consapevole.
L'accusato principale del taroccamento, in effetti, era stato Matteo Orfini (chi fu?), che non solo aveva ricevuto la quasi totalità dei suoi voti da un unico Ip, ma era stato oggetto di un andamento dei voti assai sospetto, che si era misteriosamente stoppato dopo essere stato denunciato in itinere.
Quelli a cui si riferisce la Meli, invece, sono i voti ad andamento "normale" ricevuti da Civati, la metà dei quali provenivano da 3 soli Ip. Il bello è che la questione degli Ip non riguardava solo Civati, ma anche Renzi, la Serrachiani (cui nel pezzo, però, la Meli non fa alcun cenno), e perfino Vendola.
Civati, nella circostanza, si era espresso sull'accaduto, in una sorta di difesa preventiva, per mettersi al riparo da possibili accuse di taroccamento: non si può essere responsabili anche dei sostenitori troppo solerti che decidono di agire in proprio.
Ma non funziona così per le "grandi penne". Loro hanno una tesi da dimostrare, e se uno non vi rientra lo si tira per la camicetta e lo si ficca in un modello preconfezionato, facendosi beffe della verità (e di quello che si dà a bere al lettore, che magari non ha seguito tutto il giro di post e contropost sull'affare di stato del sondaggio, e allora prende per vero quello che la Meli scrive. Se non lo sa lei!).
E' quello che ho sperimentato anch'io sulla mia pelle: appena assunto il ruolo di conduttrice di Generazione zero nella trasmissione di Santoro, dovevo per forza rientrare nella parte della leggerina nel mondo delle nuvole (chissà perché), e pur di far passare quel messaggio, qualcuno aveva pensato bene di taroccare una mia intervista.
Guarda caso, anche quell'episodio era stato ospitato dal Corriere, al quale, per la sua "autorevolezza", non si può dire proprio niente: neanche una smentita, che gli sporcherebbe la pagina con quisquilie di poco conto.
E intanto il lettore, ignaro, se la beve.
Se lo dice il Corriere!
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29 settembre 2009
Che il terzo sia quello buono?

Questa volta spunta dai meandri del Corriere Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale, che si era fatta leggere per ben tre volte l'intervista trascritta da Roncone: tanta premura per trovarsi, il giorno dopo, suoi giudizi su Daniele Capezzone, mai espressi neanche lontanamente, visto che non aveva mai nominato quel nome durante il colloquio con il giornalista.
Mi sembra che il Padrino si fermi al terzo episodio. Speriamo che anche questo sia il caso (devo ammettere, però, che comincio ad apprezzare il lato comico della questione...).
27 settembre 2009
Rettifica fai da te
Visto che il Corriere ha preferito non pubblicare la mia rettifica all'intervista rilasciata a Fabrizio Roncone, pubblicazione che dipende "dalla lunghezza e dal tono" della stessa, per quanto può valere a causa della sproporzione fra tiratura giornale e visitatori blog la pubblico qui.
Capirete, ognuno utilizza i mezzi di cui dispone, altrettanto terapeutici ai fini di bisogno di equità per chi li utilizza.
Capirete, ognuno utilizza i mezzi di cui dispone, altrettanto terapeutici ai fini di bisogno di equità per chi li utilizza.
Egregio Direttore,
l'intervista che ho rilasciato a Fabrizio Roncone ha ben poco a che vedere con quella pubblicata sul Suo quotidiano il 26/9. Nel testo rilevo molte domande mai poste, altrettante risposte conseguentemente mai date, nonché dichiarazioni esposte in ordine diverso da quello originario in modo da cambiarne il senso.
L'episodio mi suggerisce due riflessioni. La prima è che questo tipo di giornalismo sembra finalizzato soltanto a mettere in cattiva luce i personaggi di cui si occupa: Roncone, durante l'intervista, ha insistito nel pormi domande su altre persone, cercando evidentemente di strapparmi giudizi negativi nei loro confronti; non essendoci riuscito ha manipolato quello che ho detto allo scopo di mettere in cattiva luce almeno me.
In secondo luogo, Roncone ha disposto le domande e le risposte (sia quelle inventate, sia le poche vere) in un ordine tale da farmi apparire politicamente opportunista e umanamente frivola, secondo uno stereotipo fondato su pregiudizi sessisti che ritenevo non potessero
avere cittadinanza sul Corriere.
Sul mio blog (http://giuliainnocenzi.com) è a disposizione l'intervista corredata da mie precisazioni, correzioni, chiarimenti.
Con i migliori saluti
Giulia Innocenzi
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